di Redazione Ennesimo Film Festival
Scrivere l’ennesima recensione de “Il buono, il brutto, il cattivo” sarebbe inutile: giustamente se ne è scritto in ogni dove e critici di grande esperienza hanno prodotto pagine ben migliori di qualunque analisi potrei fare io. Qualcosa di interessante, però, si può ancora dire: rendere conto di ciò che è stato scritto riguardo questo capolavoro e porsi una domanda: cosa significa guardare questo film nel 2021 per la prima volta?
La prima cosa che va tenuta a mente è che si tratta di un capolavoro con un saldo posto nella storia del cinema: se guardandolo si pensasse che non piace, cerchiamo di capire perché, anziché urlare ai quattro venti che più di cinquant’anni di critica cinematografica ha necessariamente torto e noi ragione. Va infatti compreso che “Il buono, il brutto, il cattivo” ha segnato il cinema tanto in profondità, che una quantità sterminata di pellicole successive ha attinto a piene mani da questo film per raccontare nuove storie – bene o male che sia. Uno spettatore del 2021 deve quindi saper riconoscere che un eventuale senso di “già visto” è da attribuire al fatto che tantissimi, dopo, hanno preso dal lavoro di Sergio Leone per costruire i propri film: la reazione più sensata è quindi qualcosa come “Ah ecco da dove viene!” piuttosto che “Questa roba non ha niente di originale, l’ho già visto altrove…”. Prendere questa posizione è fondamentale: non farlo porterebbe a non cogliere buona parte della bellezza del film.
Una volta stabilito questo, il secondo scoglio: il silenzio. Buona parte della produzione filmica contemporanea è estremamente carica di suoni, rumori, musica, dialoghi. “Il buono, il brutto, il cattivo” è vento, Morricone, sguardi e polvere. La prima battuta viene pronunciata dopo più di 9 minuti di film: se in quel lasso di tempo vi siete già annoiati, prendete in considerazione la possibilità che non abbiate saputo godervi ciò che è passato sullo schermo sino a quel momento. Infatti guardare “Il buono, il brutto, il cattivo” è uno straordinario esercizio per lo sguardo di noi contemporanei costantemente investiti di immagini e suoni che fanno di tutto per attirare la nostra attenzione: è un riappropriarsi di uno spazio per guardare senza fretta e cogliere i dettagli che danno sapore e spessore a un film – e anche un’occasione per renderci conto di quanto le immagini in movimento che ci circondano siano molto spesso povere, noiose e ingannevoli.
Guardare “Il buono, il brutto, il cattivo” nel 2021 per la prima volta ha anche un altro valore: fornisce un’ancora, un punto di riferimento assoluto da cui partire per approcciarsi a tanti altri film con un minimo di coordinate. L’opera di Sergio Leone consente infatti di dare inizio a un’esplorazione della settima arte ragionata e in grado di far crescere lo spettatore. Qualunque elemento si scelga di approfondire è in grado di aprire mondi straordinari. A partire dalla colonna sonora: scritta dal maestro Ennio Morricone e diventata iconica, è un esempio potentissimo del ruolo che ha il suono nella totalità di un film. Altra occasione che offre è la scoperta del grande cinema giapponese, dato il tributo esplicito al maestro Kurosawa. Oppure ancora, per chi voglia sapere qualcosa in più del cinema italiano, ci introduce alla grandissima coppia di sceneggiatori Age e Scarpelli: scorrere i film da loro scritti e guardarne almeno alcuni è una grandissima lezione di sceneggiatura.
Tirando le somme, guardare oggi per la prima volta “Il buono, il brutto, il cattivo” non può che essere un’esperienza di potenza cinematografica preziosa per chiunque. Dopotutto il mondo si divide in due categorie: chi ha visto e amato “Il buono, il brutto, il cattivo” e chi mente.