di Redazione Ennesimo Film Festival
Francia, 1770. A Marianne, una pittrice, viene commissionato il ritratto di Heloise, una giovane richiamata dal convento per maritarsi con un uomo precedentemente destinato alla sorella scomparsa in tragedia. Heloise rifiuta di collaborare e Marianne si ritrova costretta a dipingere in segreto, e a posare lunghi sguardi su Heloise, durante la giornata, per raccoglierne i dettagli. Durante un breve periodo di assenza della madre, nella cornice di una casa sulla scogliera bretone, isolata e immersa nel sublime, Heloise avrà modo di sperimentare la libertà di scegliere, dandosi, per poco, una possibilità che non sia essere o suora o moglie.
Céline Sciamma già in Tomboy (2011) crea per Laure, la protagonista pre-adolescente, un’occasione su misura di ricerca, data dal trasferimento della famiglia in un nuovo paese, che le permette di presentarsi a tutti come maschio; anche nel Ritratto della giovane in fiamme la regista, nella distanza tra il luogo dove vivono temporaneamente le due protagoniste e il mondo dove succedono le cose e la Storia, dona loro il tempo, lo spazio e la pace per scoprirsi attraverso il sentimento amoroso.
Una narrazione che tratta la scoperta attraverso l’autenticità dei personaggi, dei loro desideri e la composizione romantica di inquadrature e colori. Un’esperienza visiva che richiama alla totalità, nonostante la collocazione isolata e distante, che mescola ai sentimenti delle protagoniste, volontà politica, e elementi naturali come acqua, fuoco, vento e terra. Le scelte diegetiche sono predominanti, come per la colonna sonora presente solo in due momenti: Marianne che dalla memoria prova a riprodurre L’Estate di Vivaldi, o il canto sabba di un gruppo di donne contadine intorno a un fuoco, confermando che da fuori, per una giovane del ‘700 non arriva niente, se non obblighi e costrizioni, è dentro che bisogna ricercare, nella memoria, o nella natura della donna, che opponendosi al matrimonio diventa, ancestralmente, strega. Un racconto centripeto e simbolico che si arricchisce nella seconda metà di un sottotesto letterario: il mito di Orfeo e Euridice delle Metamorfosi di Ovidio, in cui ho ritrovato l’interpretazione di Pavese nei Dialoghi con Leucò (1947): il perdersi, e amarsi nel ricordo, come scelta.
Con un cast tutto al femminile, Ritratto della giovane in fiamme viene messo in contrapposizione, per analogia tematica, a La Vita di Adele (Abdellatif Kechiche – 2013), film d’alto valore, che però rivela per la voracità con cui la macchina da presa si relaziona alle due protagoniste, lo sguardo maschile del regista (male gaze), modus predominante con cui viene rappresentato il femminile nelle narrazioni letterarie e cinematografiche. Céline Sciamma, con questo film, vincitore del premio come miglior sceneggiatura al Festival di Cannes, mette a punto un manifesto di female gaze, già individuabile anche nelle sue opere precedenti.