Elio Germano e la nostra battaglia

Alcune persone che hanno partecipato alla visione dello spettacolo con Elio Germano “Segnale d’Allarme. La mia Battaglia” che si è tenuto al Teatro Astoria per la Moviement Edition dell’Ennesimo, hanno voluto condividere con noi  le loro riflessioni post spettacolo. Ecco cosa ci hanno scritto!

L’esperienza avuta con il VR la traduco così: un incontro a spirale.

Due spirali, la realtà e la realtà virtuale, che confluiscono l’una nell’altra, rappresentando una testa di donna e di uomo.

Un incontro inafferrabile quasi, ma vivo e vero.

Anna Chiara

Movimento / Immobilità, perché se è vero che senza conflitto non vi è narrazione, tra le dicotomie semantiche proposte da “Segnali d’allarme. La mia battaglia”, questa emerge imponente, visibile e vivibile. Almeno tre i soggetti in cui la si può rilevare, tutti sapientemente previsti e diretti dai fautori dello spettacolo.

 

L’attore: in apertura dello spettacolo, rispetto a chi assiste, ignaro, con il VR, Germano è posizionato in fondo alla sala che ha una conformazione precisa. Lo spazio entro cui si svolge la scena è così strutturato (partendo dal fondo): una gradinata (punto in cui il pubblico è più fitto e si eleva verso l’alto), due blocchi di poltrone divise da un corridoio, gradini, palco. In questo spazio, che a posteriori assume valore semantico, l’attore segue ed esegue un movimento fisico che lo porta a “passeggiare” dalla gradinata al palco, dove inizialmente accede con fare piuttosto timoroso (che uno si chiede, mah, è lui l’attore perché sembra prudente nel salire?) solo per bere dell’acqua (scenografia minimale: un leggìo trasparente, un tavolino trasparente, con sopra una bottiglia in vetro – trasparente – d’acqua. Tutto è cristallino sembrano dire gli elementi, adamantino, nessuno mente, non c’è trucco e non c’è inganno…e invece stai assistendo a una grandissima truffa, ma questa è un’altra storia).

Man mano che il monologo prosegue, Germano si posiziona sempre più frequentemente verso il palco senza salire. Ogni tanto fa una puntatina in fondo, verso la gradinata, ma poi torna sottopalco.

Il suo movimento lo porta dalla folla, attraverso il popolo, al palco.

Da solo. Dietro il leggìo a pontificare e, definitivamente, a dominare.

 

Lo spettatore con il visore: orgogliosamente posizionato in prima fila,come un vip, pur essendo arrivato per ultimo visto che il teatro è già colmo quando indossi il visore, lo spettatore si fa scappare un risolino per l’ottimo trattamento riservato. Poi, la prima cosa che deve fare è voltarsi perché l’azione si sta svolgendo alle sue spalle (vedi sopra). E inizia il dilemma: assecondare il dolore alla cervicale o seguire Germano? Lo segui, perdendo la cognizione dello spazio. La testa fa mezzo giro a sinistra, poi torna dritta, poi svolta leggera ancora a sinistra, poi si alza quando lui, l’attore, è sul palco e si riabbassa quando il disagio ormai ti assale per via di quello che stai ascoltando mentre gli altri applaudono forte e tu pensi “Non può essere, non me ne vado solo perché è Germano ma oggettivamente: che COSA STAI DICENDO??”. Non ti alzi, rimani immobile, continuando a muovere la testa stavolta per guardare le facce degli altri che sono seduti e capire cosa stia succedendo e perché provi quel senso di nausea e fastidio. E il movimento, di ribellione, lo avresti anche dentro…ma poi realizzi che sei a vedere uno spettacolo e anche se alla prima dell’Opera quando qualcosa non è gradito la gente si alza e se ne va lasciando a scena aperta, tu ti senti meno zotico e non te ne vai mentre lo scorrere del sangue raggiunge livelli di velocità pari a quelli rilevabili all’autodromo di Monza.

 

Dell’azione politica: lo dice la locuzione stessa “azione”, “movimento” sono questi i termini con cui si parla di un’organizzazione di stampo politico. Nel corso del monologo anche questo piano di Movimento / Immobilità viene interpretato con le parole da Germano. Vogliamo dare una risposta a tutte queste cose che non ci piacciono e che stiamo vivendo? Vogliamo fare qualcosa se le cose non ci stanno bene? Attraverso una dialettica basata sulla logica e degna dei migliori allievi di Russel, anzi per la coscienza con cui vengono usate le parole di Wittgeinstein, Germano convince persino i più pigri che bisogna darsi una mossa, bisogna muoversi. E lui è lì pronto a rappresentare anche chi non ha voglia di fare. Sarà sufficiente delegargli l’azione, la possibilità di muoversi da solo mentre voi state fermi.

Mariagrazia

Lo spettacolo “Segnalie d’allarme. La mia battaglia” non è un monologo, non è semplicemente Elio Germano che ci trasporta e ci convince per un’ora a credere a qualsiasi sua parola e ci fa pendere dalle sue labbra. È uno spettacolo corale, al quale noi, come spettatori ma soprattutto come cittadini, partecipiamo con i nostri applausi, le nostre risate, i nostri sospiri e i nostri sguardi.

Appena tolto il visore la mia prima domanda è stata: “ma veramente ci sono persone che nella sala hanno continuato ad applaudire fino alla fine, quando chiaramente si era superato il limite e non si poteva più tornare indietro?”. La risposta, visti i fatti storici, è sì.

Ecco perché tutti dovremmo guardare questo spettacolo: è un avvertimento, un segnale, un aiuto per farci comprendere che non bisognare restare fermi davanti alle parole vuote di chi detiene il potere. Bisogna saper ascoltare e avere un pensiero critico, studiare e capire fino a che momento si può dar ragione a qualcuno e quando invece bisogna combattere perché il pensiero negativo e sbagliato non si affermi.

Elena

PS
Questa è una riflessione a più voci, se anche tu vuoi condividere la tua scrivici a social@ennesimofilmfestival.com