di Redazione Ennesimo Film Festival

Il giovane regista italiano si è aggiudicato l’Ennesimo Premio della Giuria 2017. Lo abbiamo intervistato per capire come è nato il suo cortometraggio e la passione per il cinema.
Ciao Ganluca, subito una domanda sul film: come è nata la storia di Gionatan con la G?
Una delle poche cose che ho capito al Centro Sperimentale di Cinematografia è che le storie che amo sono quelle che nascono da domande, alle quali è difficile, se non impossibile rispondere. Quelle che stringono i personaggi in dilemmi morali difficili da sciogliere. Le domande da cui nasce Gionatan sono: è possibile ereditare la violenza? Esiste un momento in cui la violenza è legittimata?
Davide Rubeis, un ragazzo delle scuole medie, dopo aver visto il tuo flm, ha scrito nella sua recensione che la G sta per Grande. È vero?
Ricevere una critica come quella da un ragazzo così giovane penso sia una delle più grandi soddisfazioni per chi fa, o per chi cerca di fare questo mestiere. Il titolo nasce da una tendenza che si trova molto nelle periferie di chiamare i figli con nomi inglesi, che però vengono inevitabilmente storpiati all’anagrafe. L’idea era di dare un nome al nostro protagonista che arrivasse comunque dalla realtà, ma che allo stesso tempo fosse un marchio di un posto preciso in un preciso momento storico. Devo però ammettere che la lettura del giovanissimo critico è senz’altro più interessante della nostra!
Qual è stata la maggiore difficoltà e l’esperienza più bella che hai vissuto durante le riprese?
Più che durante le riprese è stato molto difficile tutta la parte del casting. Arrivare a Luis – il piccolo Gionatan – e agli altri ragazzi non è stato per niente facile. Per questo devo senz’altro ringraziare Gianni Amelio e di Daniele Luchetti che mi hanno fatto capire l’importanza di non accontentarsi di un attore fino a che non si trova quello perfetto per il proprio film.
Il momento più bello credo sia stato anche quello emotivamente più difficile: girare la sequenza finale. Quell’incontro scontro tra Gionatan e sua madre è stato complicatissimo da mettere in scena. Volevamo arrivare a qualcosa di profondo, e c’è stato un sforzo da parte di tutta la troupe ma soprattuyto degli attori, che si sono spesi tantissimo fisicamente ed emotivamente.
Come è nata in te la passione per il cinema e la scelta di diplomarti al CSC?
Potrei costruire un sacco di aneddoti spassosi o commoventi su questa domanda, ma la realtà è questa: non me lo ricordo. L’unica cosa che ho chiara è il momento in cui da ragazzino piuttosto piccolo, chiesi a mia madre chi è che fa i film e lei mi rispose: “I registi”. In quel momento, con ingenuità dissi che allora avrei fatto il regista. La stessa ingenuità con cui mia madre mi rispose: “Va bene”. Perché non aveva capito che, purtroppo per lei, ero serio!
Il Csc per me era qualcosa che sembrava irraggiungibile e penso di essere stato veramente fortunato a farne parte. Stando dentro ho visto anche i difetti, ma alla fine senza dubbio sono maggiori i pregi. A chi mi chiede se ne vale la pena rispondo senza dubbio sì, ma vale questa regola: più ti spendi e ti metti in gioco, più la scuola ti dà. Nessuno ti fa trovare il piatto pronto.
Progetti per il futuro? Sogni un lungometraggio?
C’è un soggetto di lungo a cui abbiamo già lavorato molto con la mia sceneggiatrice e su cui stiamo riflettendo con un produttore. Intanto però, con lo stesso produttore, ci stiamo dedicando ad un altro corto, che vorremmo girare in autunno. Una storia d’amore molto inusuale che ci sta ossessionando e che non vediamo l’ora di girare! Come tutti quelli che si approcciano a questo lavoro l’obiettivo è girare il lungometraggio, ma ancora prima, per me è importante raccontare storie.
GIANLUCA SANTONI – RINGRAZIA LA GIURIA E IL PUBBLICO DELL’ENNESIMO FILM FESTIVAL