Hollywood protagonista delle Elezioni USA

Prima regola d’oro dell’intrattenimento: qualunque cosa ha funzionato una volta, può funzionare ancora.
La maggior parte dei remake sono prodotti per fare soldi. Alcuni di questi però hanno una precisa agenda.

Remake e politica USA

L’ultimo anno ha portato sul grande schermo ben 3 rifacimenti cinematografici. Creed, che ha invertito l’equazione razziale dell’originale Rocky mettendo fianco a fianco lo sfidante nero e il compiaciuto campione bianco. I nuovi Ghostbusters, che si sono presentati con un imponente cambio di genere, facendo interpretare a quattro attrici il quartetto di intraprendenti esorcisti. E da ultimo, I magnifici sette che ha alterato molte parti del precedente a partire dal protagonista: l’attore afro-americano, Denzel Washington, nel ruolo originariamente interpretato da Yul Brynner.

Cosa hanno in comune i film sopra citati? Tutti sono usciti negli anni delle elezioni presidenziali in USA e hanno lasciato una profonda impressione sulla cultura popolare americana e di conseguenza sulla politica. Tentando di attirare il maggior pubblico possibile, possiamo dire che in fondo i politici nazionali e i successi di Hollywood giocano spesso la stessa partita.

Ghostbuster Ronald Regan

Nell’estate del 1984 esce Ghostbusters e da subito gode di una popolarità fenomenale, arricchita dall’esplicito amore patriottico per il Presidente denominata dai più come “Reagan-mania”. Il film e Regan celebrano una nuova forma di “scienza difensiva”, la deregolamentazione e il settore privato. Il tutto con una certa noncuranza di fronte alla Armageddon. La battuta di Reagan sull’Unione Sovietica “Cominciamo bombardamenti in cinque minuti” era una battuta degna di Bill Murray.

Nel 1976, Jimmy Carter e Rocky provenivano dal nulla e segnarono trionfi quasi simultaneamente (e tralasciamo che il tema di Rocky rimane una colonna sonora elettorale sempreverde).

Rocky Carter

I magnifici sette dal 1960 anticipa in modo ancora più inquietante gli obiettivi di politica estera del presidente eletto John F. Kennedy: i controguerriglieri americani sono assunti da un gruppo di contadini messicani oppressi per rovesciare un despota locale e portare la democrazia al loro pueblo. Per lo storico culturale Richard Slotkin, che ha scritto molto sul mito della frontiera legato alla coscienza americana, I magnifici sette non fu solo un film popolare ma “sorprendentemente profetico”. Ovvero la visione di Kennedy della nuova frontiera estesa al terzo mondo.

Approfondiamo un attimo questo punto. Entrando in Messico, i 7 pistoleri non sono considerati invasori, ma una forza di liberazione. Forniscono aiuto e leadership alle persone di un paese sottosviluppato, sono precursori dei Berretti Verdi e del Corpo di Pace. Sono anche dei liberali che fondano il loro “bene” sulla buona fede, quando in una città di confine del bigotto Texas, i suoi abitanti non vogliono seppellire un indiano americano sulla Boot Hill locale. Dopo l’integrazione del cimitero, i sette attraversano il confine per liberare il villaggio messicano.

Una volta arrivati, diventano una sorta di consulenti militari, promuovendo la democrazia attraverso l’introduzione di una cultura civica in pieno stile americano. Tuttavia, nella scena chiave del film, i peones timorosi decidono che la vita sotto un despota potrebbe essere preferibile alla morte durante una rivolta fallita. E a quel punto i Sette hanno l’obbligo di annullare la nascente autonomia locale che avevano stabilito nel paese, in nome di un bene superiore: la sua indipendenza.

Ghostbusters 2016

Veniamo ai remake.

Nel combattere un avversario britannico, il protagonista di Creed è stato posizionato per incarnare la quintessenza dell’eroe americano come il presidente Obama. Eppure, nonostante la volontà di correggere lo squilibrio razziale e il successo commerciale, il film non ha ottenuto nessuna nomination agli Oscar, se non una sentimentale rivolta a Stallone come Attore non protagonista.

Delusione al botteghino invece per la versione femminile di Ghostbusters. Molti critici, fra cui O. Scotto del New York Times ha descritto il film come questa reazione negativa del pubblico come “l’ennesima reazione anti-femminista, ormai appuntamento fisso della nostra cultura e della nostra politica negli ultimi tempi”. Ma ancor più sorprendente sono stati gli abusi diretti a Leslie Jones, l’afro-americana del quartetto. Una antipatia che sembra razziale e misogina, una sorta di protesta populista contro il presunto potere che in americano hanno le minoranze e le donne (come fanno notare molti sostenitori di Donald J. Trump, in particolare online).

Creed

Il remake de I Magnifici Sette invece non è stato ampiamente attaccato come una profanazione. Si tratta comunque di una revisione che potrebbe essere difficile da accettare. Per prima cosa, il nuovo film è interamente impostato negli Stati Uniti. Per un altro, è un western postwestern.

Dopo il Vietnam e l’Iraq e con le truppe americane ancora in Afghanistan, lo scenario interventista ha meno fascino di quanto avesse mezzo secolo fa. Così faceva il western, che regnò supremo genere di Hollywood per la maggior parte della guerra fredda, aiutava l’America a capire se stessa. Chi fa la legge? Chi mantiene l’ordine? A chi appartiene la terra? Anche gli esempi più primitivi incarnano una sorta di ideologia.

Barack Obama

Il remake potrebbe essere descritto come un western alla Obama. Il protagonista-salvatore può essere solitario ed è un personaggio afro-americano. Ma non è tutto. Tre dei restanti sette appartengono a minoranze – asiatica, messicana e comanche. I magnifici sette potrebbe quindi essere considerato un western alla Bernie Sanders, il che suggerisce che i cittadini bianchi americani, privati dei diritti civili, creano un fronte comune con le minoranze per rovesciare i privilegi detenuti dall’1% della popolazione.

I magnifici sette del 1960 hanno offerto uno scenario per la grandezza della Nazione. Nel portare il terzo mondo in America, il remake del 2016 critica questo scenario fornendo una fantasia politica utopica per la prossima elezione presidenziale.

Bernie Sanders

Articolo tradotto da www.nytimes.com/2016/10/05/movies/then-and-now-hollywood-remakes-as-election-year-players.html?_r=0