di Redazione Ennesimo Film Festival
Capita spesso di chiedermi (anche auto-criticamente, avendo la passione, amatoriale, di scrivere di cinema, di tanto in tanto) quale sia, nel 2020, il ruolo della critica cinematografica. Se un tempo, quando andare al cinema era un rituale più comune, era una vera e propria “guida per gli acquisti” che cercava di evitare allo spettatore di buttare i soldi del biglietto, oggi, con lo streaming e tutto a portata di click (quindi non le sole nuove uscite, ma cataloghi che vanno, quando si è fortunati, dall’alba del cinema a oggi), la situazione è decisamente più caotica e la critica sembra essere diventata più un oggetto per i soli cultori: con abbonamenti mensili “all you can see” su piattaforme come Netflix, un brutto film al massimo sarà tempo perso, ma non soldi ed energie.
Una bella risposta però me la sono data questa settimana, approfittando della possibilità di vedere in streaming i film dell’edizione numero 38 del Torino Film Festival. In particolare una categoria ha attirato tutta la mia attenzione: Le stanze di Rol, che deve il suo nome dal sensitivo torinese Gustavo Adolfo Rol. Una rassegna di 8 lungometraggi e 4 medio/cortometraggi che sembra voler tastare il polso del cinema di genere contemporaneo e della sua capacità, nel 2020, di farsi fluido, di ridursi al suo grado zero per poter parlare al presente, del presente. Cosa c’entra la critica, in tutto questo? Semplice, il suo curatore, Pier Maria Bocchi, è un critico. Non solo, è una delle penne più fini ed intelligenti di tutto il giornalismo cinematografico italiano: autore di testi eccezionali, da Mondo Queer (2005) all’ultimo Brivido Caldo: una storia contemporanea del neo noir (2019), è da sempre un faro nella ricerca sul cinema cosiddetto “di genere”. Questa ricerca è ben evidente nella selezione dei titoli in rassegna: un cinema piccolo, spesso indipendente e fuori da mode e grandi circuiti di distribuzione, che però lavora sui generi dicendo anche qualcosa sui nostri tempi.
Non è un caso che apertura e chiusura, come in un cerchio, siano a loro modo degli horror (e il penultimo, o l’ultimo a pari-merito dato che i due film sono stati caricati lo stesso giorno, sia un film-saggio sul genere). The Dark and the Wicked di Bryan Bertino (sì, quello di The Strangers e del disturbante Mockingbird: in diretta dall’inferno) sembra una classica storia di horror “mistico” figlia de L’esorcista, ma Bertino decide di lavorare sugli spazi, quelli aperti della campagna texana, e di lasciare che il mistero domini sulla logica, evitando di darci spiegazioni a riguardo. Il film diventa così a suo modo una riflessione “artistica” sul cinema dell’orrore e su come sia ancora possibile fare dell’horror puro (senza per forza sottotesti sociali e politici, come oramai sembra obbligatorio) oggi, tanto quanto il semi-conclusivo The Philosophy of Horror ne sia una riflessione più teorica e filosofica (nomen omen). Un film volutamente antinarrativo, che lavora sull’immagine (quelle dei primi due episodi della saga di Nightmare) e la annulla, per portare il discorso sull’orrore da un piano fisico ad uno metafisico ed interiore. Piano metafisico dove lavora, alla grande, il russo Sasha Voronon nel suo esordio Mom, I Befriended Ghosts, sospeso tra horror metafisico e fantascienza distopica, un po’ The Road e un po’ Stalker: storia di uomini/fantasmi che vagano per una Russia quarantenata ed imbiancata, smettendo spesso di essere uomini ed avvicinandosi più ad uno stadio ferale. Un film delicato e disperato, che senza quasi bisogno di dialoghi ci immerge in un mondo da incubo a cui stiamo sempre di più avvicinandoci.
Lucky – Natasha Kermani, 2020
Sempre di horror, a modo proprio, possiamo parlare con Lucky, bizzarro simil-slaher un po’ Scream e un po’ Ricomincio da capo, che nel parare di una scrittrice che si deve difendere, ogni giorno, da uno psicopatico mascherato che cerca di ucciderla decide di annullare la distanza tra finzione e scrittura, rendendo ben visibile il suo sottostrato sociale (si parla di violenza sulle donne, ma con una freschezza che i signori di Hollywood si sognano) e smarcandosi perciò, di nuovo, da quel cinema dell’orrore che vuole essere politico e dimentica, però, di essere cinema. Qui il cinema (come mezzo di realizzazione) è scoperto, il messaggio è puro.
Horror, in parte, è anche il danese Breeder, che ripesca il body horror di Cronenberg e Yuzna e lo rivisita in salsa torture e revenge. Schizoide ed affascinante, glaciale e a tratti disgustoso, è un cinema che non si fa più e che scontenta oggi come scontavano gli autori appena citati all’epoca. Chi ha lo stomaco forte e la voglia di andare oltre ciò che ora la moda impone, però, avrà di che divertirsi.
Ma non è tutto horror quello che luccica. Quelli che sono probabilmente i due lavori più interessanti dell’intera rassegna, infatti, non appartengono a quel genere né, in senso stretto, a nessun altro genere. In perfetta sintonia con l’obiettivo primario che il curatore si era prefissato: vedere come oggi il cinema di genere si muove anche al di fuori del genere. Funny Face è un film tanto piccolo quanto potente: la storia di due solitudini che si uniscono accomunate da una comune rabbia in una New York mai così spenta e frammentata riesce, senza effetti e senza idiosincrasie da prodotto indie per forza, a restituire alla perfezione le incertezze e le paure di questa fine di anni ‘10. Un film sincero ed essenziale, che ribolle di una rabbia sempre più difficile da trovare nel cinema americano.
Di tutt’altra sostanza (ma di simile riuscita) The Oak Room che riarrangia e rimastica le regole del noir (e del neo-noir, genere a cui Bocchi ha dedicato la sua ultima fatica letteraria, Brivido caldo: una storia contemporanea del neo noir). Tanto Funny Face era poco dialogato, giocato su silenzi e frammenti di azione, tanto questo brillante film di Cody Calahan è dialogato, anzi, narrato. La storia infatti finisce per svilupparsi attraverso un susseguirsi di trame e racconti che non sempre portano (direttamente) a qualcosa e non sempre dicono la verità, almeno non tutta. Un noir tutto in interni, senza dark ladies, ma pieno di spazi oscuri, sia letterali (glaciale e bellissima la fotografia di Jeff Maher) che figurati, un film originalissimo che (ancora una volta) porta un genere al suo grado zero e da lì parte a costruire qualcosa di nuovo, qualcosa finalmente di diverso.
Fried Barry – Ryan Kruger, 2020
Ultime due chicche: il delirante sci-fi sudafricano Fried Barry, bizzarro invasion movie che, seguendo le vicende dello sfaccendato Barry che un giorno vine rapito e posseduto dagli alieni ed usato come fly on the wall per sondare capacità e limiti di un corpo umano e della vita sulla Terra, prova a dire qualcosa sulla vita di chi sta ai margini del mondo senza moralette e senza patetismi. Anzi, il film è divertentissimo, sconsiderato, scorretto e talvolta ai limiti dello splatter. Come una sorta di Candido passato attraverso il frullatore della Troma, l’opera vaga a zig zag, zoppica senza una vera meta, forse anche senza una direzione. Da confrontare con Under the Skin di Jonathan Glazer, di cui non ha la sconvolgente bellezza (e non parlo solo della protagonista Scarlett Johansson) ma col quale condivide l’idea di partenza, pur sviluppandola in ben altro modo.
Non si parla direttamente di cinema, anche se l’approccio è cinematografico nel modo migliore possibile, con Antidisturbios, mini-serie “poliziesca” del regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen (quello dei bellissimi Che Dio ci perdoni e Il regno), di cui sono stati presentati i primi due episodi, su sei totali. Quello che abbiamo potuto vedere è un prodotto che accetta il suo essere destinato alla televisione nella forma e nella struttura, ma che riesce ad essere profondamente cinematografico pur non dimenticando la sua origine. Senza ripetere alcuni eccellenti scivoloni mediali del recente passato (alcuni episodi dell’ultima stagione di Game of Thrones dichiaratamente girati pensando al grande schermo, per un prodotto che il grande schermo non lo dovrebbe vedere, di default, il refniano Too Old To Die Young che non si capisce a chi fosse rivolto e dove) si rivela un intrattenimento spettacolare e tesissimo, girato in punta di cinepresa e con un’ispirazione invidiabile: non una vacanza dal grande schermo per Sorogoyen, ma un altro tassello del suo interessante percorso registico.
Cosa ci resta, a conti fatti, di questa (speriamo solo) prima avventura delle stanze di Rol? Uno sguardo ampio (sia per stili che per provenienze) sullo stato attuale del cinema di genere, che esiste ancora ed è sempre scalpitante e sul cinema tutto: che non è morto, non dorme e non aspetta nemmeno tempi migliori, per esserci e farsi sentire. E, con queste premesse, ascoltiamo volentieri.
In copertina: Funny Face – Tim Sutton, 2020
I FILM
Antidisturbios (Spagna, 2020)
Regia: Rodrigo Sorogoyen
Con: Vicky Luengo, Hovik Keuchkerian, Alex Garcia
50’ c.ca a puntata
https://www.youtube.com/watch?v=e5vxS65tgOA
Breeder (Danimarca, 2020)
Regia: Jens Dahl
Cast: Sara Hjort Ditlevsen, Signe Egholm Olsen, Anders Heinrichsen
107’
https://www.youtube.com/watch?v=M5ImKrNVq7E
The Dark and the Wicked (Stati Uniti, 2020)
Regia: Bryan Bertino
Cast: Marin Ireland, Michael Abbott Jr., Xander Berkeley
95’
https://www.youtube.com/watch?v=Hk1mVaGq_t0
Fried Barry (Sudafrica, 2020)
Regia: Ryan Kruger
Cast: Gary Green, Chanelle De Jager, Steve Wall
99’
https://www.youtube.com/watch?v=lmEzcw7qLHU
Funny Face (Stati Uniti, 2020)
Regia: Tim Sutton
Cast: Cosmo Jarvis, Jonny Lee Miller, Dela Meskienyar
95’
Nessun trailer rilasciato al momento
Lucky (Stati Uniti, 2020)
Regia: Natasha Kermani
Cast: Brea Grant, Yasmine Al-Bustami, Kausar Mohammed
83’
https://www.youtube.com/watch?v=AfjbYXnn6TA
Mom, I Befriended Ghosts (Russia, 2020)
Regia: Sasha Voronov
Cast: Alla Mitrofanova, Sasha Nikiforova, Taya
71’
https://www.youtube.com/watch?v=JkhtWPoZ3_k
The Oak Room (Canada, 2020)
Regia: Cody Calahan
Cast: R.J. Mitte, Ari Millen, Peter Outerbridge
89’
https://www.youtube.com/watch?v=PDcB1L0-6cI
The Phylosophy of Horror: A Symphony of Film Theory (Ungheria, 2020)
Regia: Péter Lichter, Bori Máté
60’
Medio e Cortometraggi
El elemento enigmatico (Argentina, 2020)
Regia: Alejandro Fadel
Cast: Elio Contreras, Yamil Zeid, Federico Crowe
40’
Red aninsri (Tailandia, 2020)
Regia: Ratchapoom Boonbunchachoke
Cast: Sarut Komalittipong, Atikhun Adulpocatorn
30’
Regret (Canada, 2020)
Regia: Santiago Menghini
Cast: Brent Skagford, Ellen David, David Nerman